In merito al blocco dei lavori degli impianti di comunicazione militari MUOS a Niscemi, quella del presidente della Regione Siciliana, Crocetta, è solo buona volontà o una semplice difesa di bandiera? L’interrogativo nasce spontaneo, dal momento che l’Autonomia dell’Isola è pur sempre una “autonomia condizionata”, in quanto le decisioni vengono, in un modo o in un altro, prese sempre e costantemente dal Governo nazionale. Il “caso MUOS” non può essere diverso da tanti e tanti altri che riguardano le “questioni militari”, là dove anche i Trattati plurilaterali internazionali, alla fine, vengono stravolti da Trattati tra singoli Paesi. E, ripetiamo, il “caso MUOS” non fa eccezione.
Già il Governo Monti si era espresso in merito affermando che “non sono accettabili comportamenti che impediscano l’attuazione delle esigenze di difesa nazionale e la libera circolazione connessa a tali esigenze, tutelate dalla Costituzione”. Questa “decisione” era stata comunicata al presidente Rosario Crocetta ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri, e quindi si poteva ben immaginare che qualsiasi contrasto sarebbe stato vano. Lo ha dimostrato ora anche il ministro della Difesa, Giampaolo Di Paola, al termine dell’incontro con il segretario alla Difesa degli Usa, Leon Panetta: il MUOS (Mobile User Objective System), il sistema satellitare della Marina militare Usa da installare a Niscemi ”è un asset strategico per l’Alleanza Atlantica, non solo per gli Stati Uniti. È una presenza importante che va portata avanti”.
Ma cosa è il MUOS? Il MUOS è un sistema radar satellitare di ultima generazione formato da tre antenne paraboliche, dal diametro di 18 metri e alte all’incirca 50 metri, che avranno una potenza simile a quella degli impianti di telefonia cellulare, che operano tra i 900 Mhz e i 2 GHz, e da un’antenna elicoidale, alta 148 metri usata per le comunicazioni dei sottomarini. Nel mondo ci sono altre tre ground station del genere (una in Virginia, una alle Hawaii e l’altra in Australia) che saranno collegate tra loro grazie all’ausilio di cinque satelliti. Il Muos dovrà sostituire la NRTF, il parco di 41 antenne già esistenti nella base militare americana in questa zona della Sicilia dal 1991 che viene ancor oggi utilizzato per le comunicazioni in superficie e sott’acqua. Il terminale terrestre di Niscemi sarà una delle quattro infrastrutture sparse per il mondo che assicureranno il funzionamento dell’ultima generazione della rete satellitare in UHF (altissima frequenza) che collegherà tra loro i Centri di Comando e Controllo delle forze armate Usa, i centri logistici e gli oltre 18.000 terminali militari radio esistenti, i gruppi operativi in combattimento, i missili Cruise e i Global Hawk (UAV-velivoli senza pilota). Al progetto siciliano, la Us Navy ha destinato oltre 43 milioni di dollari, 13 dei quali per la predisposizione dell’area riservata alla stazione terrestre, del centro di controllo, dei megageneratori elettrici e di un deposito di gasolio; 30 milioni di dollari per gli shelter e l’acquisto delle attrezzature tecnologiche del sistema MUOS.
Al di là dei danni ai quali può essere sottoposta la popolazione del territorio di Niscemi per le radiazioni provocate dagli impianti MUOS, la considerazione principale, a nostro avviso, riguarda la progressiva militarizzazione dell’Isola-Sicilia: nonostante le ragioni che avanzano le alte gerarchie militari italiane o della NATO, la Sicilia si è trasformata nella piattaforme bellica più avanzata del mondo occidentale. Dalla guerra contro il libico Gheddafi a Sigonella operano i micidiali droni, i velivoli senza pilota fortemente armati.
Due anni fa, senza che fosse stato ancora disciplinato l’impiego degli aeromobili a pilotaggio remoto nel sistema del traffico aereo europeo, l’Aeronautica militare e l’Ente nazionale per l’aviazione civile (Enac) hanno siglato un accordo tecnico per consentire l’impiego dei Global Hawk di Sigonella nell’ambito di spazi aerei “determinati” (In linea teorica si annuncia l’adozione di procedure di coordinamento tra autorità civili e militari “tese a limitare al massimo l’impatto sulle attività aeree civili” e “nel rispetto dei principi della sicurezza del volo”, anche se poi si ammette che per le operazioni “connesse a situazioni di crisi o di conflitto armato”, l’impiego dei droni non sarà sottoposto a limitazioni di alcun genere. I Global Hawk di Sigonella rappresentano un rischio insostenibile per il traffico civile e le popolazioni che risiedono nelle vicinanze degli scali utilizzati per le manovre di decollo e atterraggio e per gli stessi velivoli commerciali che utilizzano l’aeroporto di Catania Fontanarossa.
Non è, dunque, soltanto il “Caso MUOS” che dovrebbe allertare il presidente della Regione Rosario Crocetta, il sindaco di Catania e lo stesso presidente della Provincia etnea, esponenti politici di rilievo che, a quanto ci risulta ma potremmo essere il errore, mai si sono preoccupati (o interessati) dell’eccessiva e pericolosa presenza militare “straniera” sul territorio siciliano.
La questione è di ampia portata, ma i politici nostrani (e no) pensano a tutt’altre cose, alle poltrone da conquistare in un Parlamento qualsiasi e non certo ai veri interessi della collettività che dovrebbero rappresentare.
Francis Drake